Esperienza di una famiglia affidataria – Marzo 2009

Sei anni fa siamo venuti a conoscenza del progetto “Affido SOS” da parte di una assistente sociale dell’Ufficio delle famiglie e dei  minorenni, (UFaM).

Questo progetto ha suscitato il nostro interesse e, dopo un accurato approfondimento con i nostri figli e, avere ricevuto il loro consenso a investirci per questo tipo di attività, abbiamo potuto assicurare la nostra adesione nell’eventualità che il progetto si fosse concretizzato.

Pratichiamo l’“Affido Family” da 14 anni, (l’affidamento tradizionale, definito “Family”, prevede la presenza del minore per un periodo di tempo indeterminato sino al ristabilimento di condizioni ritenute accettabili nella sua famiglia d’origine), e abbiamo potuto in questo periodo sperimentare l’efficacia di questa istituzione.

In seguito al riconoscimento da parte del Dipartimento Sanità e Socialità del progetto “Affido SOS”, nel corso del 2004 siamo stati abilitati dallo stesso DSS quale struttura di “Affido SOS” . L’affido “SOS” si differenzia dall’affidamento tradizionale, per la durata massima di tre mesi e per la sua applicazione, ovvero in casi di emergenza nei quali, motivi gravi determinano l’allontanamento immediato di un minore dalla propria famiglia. Dalla nostra abilitazione ad oggi siamo operativi quasi costantemente accogliendo da 1 a 2 minori per dei periodi che vanno dalle poche settimane e in alcuni casi eccezionali fino a 5-6 mesi.

Il ruolo della famiglia affidataria SOS è sussidiario agli impegni dello stato nell’ambito della Legge sul sostegno alle famiglie e di protezione dei minorenni (Legge per le famiglie), che prevede tra i molteplici appoggi e interventi anche che: “quando la famiglia non può più assicurare al minorenne un ambiente adeguato, tanto da comprometterne o minacciarne il benessere e lo sviluppo, si rende necessario il collocamento presso famiglie affidatarie o centri educativi”.

Crediamo profondamente in un tessuto sociale che sappia rispondere ai suoi propri bisogni, prendendo distanza da un agire e pensare individualista troppo ricorrente oggigiorno, una mentalità che induce un pensiero e un agire a compartimenti stagni, che non desidera più uno sguardo oltre il proprio reticolato di interessi. È veramente incredibile l’ignoranza che domina sul bene e sul fare del bene. Proprio perché si pensa che si tratti di una posizione prescelta dai deboli, da chi è timoroso. E così si ignora la felicità che se ne ottiene, la gioia che si prova nel fare un sorriso e nel riceverlo proprio da chi invece, sentendosi guardato in cagnesco, dovrà mostrare tutta la sua capacità di difesa e di offesa. È incredibile costatare come le relazioni individuali cambierebbero se la bontà ne diventasse il motore principale, e dunque se si ritenesse che, fino a prova contraria, chi si avvicina viene per portare gioia e per riceverla.

Detto questo pensiamo che se una parte della nostra società soffre ed un’altra ha in quel momento delle risorse, sia naturale offrire una mano tesa, con, nella fattispecie della famiglia SOS, modalità adeguate e regolate dall’UFaM, così da permettere a dei minori di riprendere fiato su di una “base sicura” che sappia contribuire a sanare i loro legami feriti.

L’affido SOS può e vuole essere uno strumento di protezione, prevenzione dall’infelicità, una sorta di ponte sopra a delle acque agitate, da una sponda spazzata via da eventi drammatici della vita, verso una sponda se possibile più strutturata e riorganizzata dalla rete sociale, senza mai volere escludere la famiglia di origine.

In questo contesto la famiglia SOS deve sapersi porre tra i diversi poli, ma soprattutto deve accogliere in modo immediato tutta una serie di richieste che arrivano dalle istituzioni sociali quali l’UFaM, l’Unità di intervento regionale (UIR), il Servizio medico psicologico (SMP) o la Magistratura dei minorenni, per dei minori che necessitano un collocamento d’urgenza.

L’allontanamento volontario o coatto di minori dal nucleo familiare, risulta essere sempre un intervento ad alto impatto emotivo innanzitutto per i minori, ma anche per tutti gli attori coinvolti.

Per rispondere con professionalità a una sequela di dinamiche, le famiglie SOS sono obbligate a seguire una formazione continua organizzata e curata dall’Associazione Ticinese Famiglie Affidatarie (ATFA). Questo percorso ha generato dei forti legami di solidarietà e amicizia tra le famiglie affidatarie SOS e i formatori. Inoltre abbiamo sperimentato un percorso intrapsichico, alla scoperta di noi stessi, del nostro modo di concepire l’esistenza e a comprendere le risorse a nostra disposizione per affrontare le difficoltà che la vita non ci risparmia. Infatti ogni buon risultato nelle nostre relazioni con i minori dipende in buona parte anche dalle nostre condizioni fisiche, psichiche e sociali, come pure dalle nostre risorse morali e materiali. Per riuscire nell’impresa di rispondere ai bisogni dei nostri ospiti, abbiamo compreso che è fondamentale conoscere a fondo se stessi, i propri limiti e le proprie debolezze, è stato e lo è tuttora un fattore affascinante del nostro lavoro.

Qualche cenno sul nostro concetto educativo. È appurato che un educazione che mira ad avere successo e favorire uno sviluppo positivo, deve garantire il soddisfacimento dei bisogni basilari del minore. Uno di questi è certamente quello di essere accettati, compresi, rispettati, con un termine più assoluto, amati. Questo permette al minore di sviluppare una sana autostima, una nuova fiducia nel futuro, capacità relazionali, tolleranza alla frustrazione e gioia di vivere.

Nostro compito è proprio quello di trasmettere questo sentimento e, dove possibile favorire i genitori dei nostri ospiti a risanare la loro relazione con i propri figli. Purtroppo non sempre esistono i presupposti per operare in questa direzione. È straordinario potere osservare come in un ambiente sicuro, prevedibile e stabile i nostri ospiti reagiscono sviluppando delle competenze, scontate per dei loro coetanei, ma a loro in parte sconosciute.

In questo senso uno degli aspetti importanti è quello di ridare delle regole. Regole che comunichiamo in modo chiaro e comprensibile, di volta in volta adeguate alle possibilità dell’ospite, tenendo conto della provenienza e della particolare situazione vissuta fino al suo collocamento presso la nostra struttura di accoglienza SOS. Ne consegue che nel caso di infrazione di una o più regole bisogna applicare delle sanzioni. Solo quando il minore si trova davanti a regole stabilite dal suo ambiente esterno e, riesce a rispettarle, ha la possibilità anche a porsi delle regole e dei limiti suoi interni. Riesce allora a trasformare delle motivazioni esterne in motivazioni interne. Spesso i nostri ospiti provengono da nuclei familiari all’interno dei quali le gerarchie sono stravolte e, dove il minore ha dovuto oppure è stato incoraggiato a stabilire lui stesso le regole sostituendosi al ruolo latente dell’adulto. Ristabilire più sani equilibri di potere é parte integrante del nostro concetto educativo.

Il nostro augurio è che presto saranno più numerose le famiglie affidatarie Family e quelle SOS, considerando la crescente richiesta sul nostro territorio per collocamenti di minori. Da parte nostra stiamo valutando come potere ampliare la nostra offerta per l’accoglienza fino a 4 minori, siamo infatti motivati dai nostri stessi ospiti a continuare e allargare la nostra offerta.

Marisa Bäschlin Chiesa e Jean-Pierre Bäschlin

I volti, le voci, le storie dal mondo degli “affidati”. Cooperazione – intervista 12.05.2014